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La cappella

A destra di chi entra nel Duomo di Napoli si trova la cappella destinata all'ufficiatura del miracolo. Essa può contenere molta gente. È ricca di pitture di valore e di varie pregevoli statue, che per l'occasione vengono portate in processione per la città.
La cappella ha tre altari. In quella di mezzo vengono esposte le reliquie durante la festa del santo. Esse comprendono un Ostensorio d'argento contenente due ampolline con il sangue ed un busto del santo, anch'esso d'argento, dono di Carlo I d'Angiò, nel quale dicono sia la testa del martire. Il busto ha la faccia dorata, che perciò è detta "faccia gialluta".


Il reliquiario

Nella parte centrale e circolare dell'Ostensorio sono racchiuse le ampolle tra due vetri. La più grande è di cm. 13 e per due terzi contiene una sostanza rosso-cupa, creduta sangue, al di sopra è posta l'altra più piccola, ma vuota e recante solo le tracce della sostanza asportata, a quanto si racconta, da Carlo III di Borbone, che ne fece dono al re Filippo V di Spagna.
Si dice che quando ribolle il sangue a Napoli, lo stesso avvenga a Pozzuoli ed in Spagna. Però questa diceria viene smentita nella cronaca scritta dal canonico Iodice.

Durante il tempo che i devoti pregano perché il santo faccia il miracolo, il prete celebrante prende di tanto in tanto l'Ostensorio e lo piega or a destra ed or a sinistra, "per vedere", dicono, se il sangue si liquefa. A miracolo compiuto, il medesimo prende l'Ostensorio, lo passa al bacio dei fedeli, che si affollano dinanzi all'altare. Durante questo servizio, un altro prete segue il primo avvicinando una candela accesa alla reliquia, dicono, "perché il pubblico possa accertarsi della liquefazione avvenuta".

È da notare a questo punto, che il sangue non si scioglie nel giorno della festa della nascita del santo, che sarebbe il 16 dicembre.
Ad ogni modo è provato che il processo della liquefazione comincia con il distacco graduale della sostanza indurita dal vetro, per poi estendersi al centro; ma questo spesso resta allo stato di prima; rimane cioè un piccolo nucleo della sostanza che non si scioglie.

A nostro parere questo procedimento è sfavorevole all'ammissione del miracolo; poiché mostra che la liquefazione è prodotta da cause esterne. Di regola la vita dovrebbe svilupparsi dal centro, e procedere verso la periferia.
Non vi pare che l'ambiente portato ad una temperatura più calda della precedente, l'agitazione prodotta dal prete, il calore della fiammella molto vicina all'ampolla contribuiscano a produrre il fenomeno della liquefazione? Per lo meno vi è un legittimo dubbio.

A questo punto qualcuno dirà: il sangue al calore non si scioglie, anzi si indurisce! Benissimo. Ma chi ci assicura che il contenuto dell'ampolla sia sangue? Neppure il signor canonico lo afferma, quando scrive che « il popolo napoletano, per una secolare e mai interrotta tradizione, ritiene che nelle ampolle è contenuto iÌ sangue del martire». Chi lo ha detto al popolo napoletano? Qui si parla di credenza tradizionale e non di prove. Tante cose crede il popolo, che poi risultano fantastiche! A quale epoca rimonta questa tradizione? Certamente dal giorno che cominciò il misterioso avvenimento, e cioè non prima dell'anno 1600.

A questo punto è opportuno che il lettore conosca un episodio piuttosto recente. Al tempo del cardinale Sanfelice si dovette procedere ad una riparazione dell'Ostensorio. Il noto prelato volle tenere nelle sue mani la reliquia, mentre il meccanico eseguiva la saldatura. Ad un certo momento il cardinale cominciò a sentire che l'Ostensorio si riscaldava per effetto del saldatore rovente. Ecco, disse il prelato, la prova che il calore non ha nulla da che fare con il miracolo... ma aveva appena terminato di fare tale osservazione, che il sangue cominciò a sciogliersi! Ricreduto si prostrò in ginocchio per venerare la reliquia insieme con tutti gli altri astanti...

Qualcuno dirà: come spiegare allora la schiuma e le bollicine che affiorano sul liquido? Le bollicine e la schiuma danno luogo a credere che avvenga un ribollimento. Ma non si tiene conto in questo caso che l'ampolla non è tutta occupata dal liquido e vi è quindi una parte di aria in essa, e che il tutto poi viene agitato con i continui movimenti.

Ad ogni modo, se quella sostanza potesse essere esaminata chimicamente i dubbi verrebbero risolti. Ma questo non sarà mai permesso dalle autorità ecclesiastiche cattoliche, le quali si trincerano dietro il comodo paravento che le cose sacre non vanno profanate! Esse temono una clamorosa smentita. Perché fu lecito a Carlo III rimuovere il sangue da una delle ampolle e non è lecito al papa di ordinare un esame di accertamento, al servizio della causa della verità?

Una cinquantina di anni fa, in un convento dei Padri Francescani della Provincia d'Arezzo (non ricordo la località), secondo quanto mi fu riferito da un baldo e spregiudicato monaco dello stesso Ordine, mio personale amico, si suoleva celebrare la festa in onore di un santo giovinetto, del quale si presumeva possedere le ossa custodite in un'urna, posta sotto un altare della chiesa. I monaci chiesero un giorno alla Congregazione romana l'estensione di quel culto a tutto l'Ordine.
Come suole avvenire in questi casi, la Congregazione mandò sul posto una persona competente di sua fiducia a compiere la ricognizione delle reliquie. Ma, ahi noi! le ossa tanto venerate non erano umane, bensì quelle di un cane! Con immenso disappunto dei monaci la festa cessò e con giustificati pretesti la cosa fu messa a tacere. La storia è autentica.
Non si sa mai che cosa potrebbe accadere se anche per il sangue di S. Gennaro si ordinasse una ricognizione!

A questa difficoltà è stato risposto dalla parte interessata che un esame fu fatto, non chimico, ma spettroscopico. Un illustre scienziato napoletano dichiarò, dopo l'esame, che in quella sostanza aveva notato « tracce di sangue ». Però non ci ha detto a quale natura appartengono gli ingredienti sui quali sono apparse delle tracce di sangue!