A questa situazione cerca di reagire la cattolica Maria Tudor (1553-58), figlia di Caterina d'Aragona, ma senza ottenere validi risultati, anche se gli anglicani condannati sotto il suo regno risultarono più numerosi dei cattolici messi a morte dagli anglicani durante tutto il secolo seguente. Di qui la forte contro-reazione della regina Elisabetta (1558-1603), figlia di Anna Bolena, che volle ristabilire il Libro delle preghiere (Prayer book) e appoggiare i "39 articoli" dell'arcivescovo Parker (una riformulazione dei "42 articoli" di Edoardo VI), che, approvati dal Parlamento nel 1571, diedero un volto definitivo all'anglicanesimo. Da notare che in genere i papi non opponevano alcun veto ai principi e ai re che volevano separarsi dalle loro consorti. In questo caso però il rifiuto fu determinato dal timore di scontentare il parente più importante di Caterina d'Aragona, l'imperatore Carlo V, che rappresentava in quel momento un valido baluardo contro la diffusione del luteranesimo.Lo scisma anglicano non incontrò in Inghilterra alcuna forte resistenza da parte ecclesiastica (fanno eccezione alcuni religiosi francescani e certosini, nonchè il vescovo Fisher). La vittima più illustre fu il Gran cancelliere del re, Thomas More, che pur essendo disposto a firmare l'Atto per la successione della discendenza di Anna Bolena (la seconda moglie), rifiutava il modo in cui Enrico VIII si era proclamato "capo della chiesa" (e gli opponeva la convocazione di un concilio nazionale).Non vi fu resistenza semplicemente perchè i torti di una sede pontificia esosa, corrotta e retriva quanto mai, apparivano ai sudditi inglesi sufficienti a legittimare la costituzione di una monarchia assolutistica e scismatica. Peraltro Enrico VIII aveva garantito al clero e a tutti i fedeli che nulla del tradizionale cattolicesimo sarebbe stato modificato, a livello sia dogmatico che sacramentale e rituale. In precedenza, lo stesso re aveva scritto, in collaborazione con Moro, alcuni pamphlet antiluterani.L'opposizione del Moro fu interessante anche per un'altra ragione. Per la prima volta nella storia egli si appellò ufficialmente al principio dell'obiezione di coscienza. Ovvero, chiese di poter dissentire, per motivi personali (di natura religiosa), dall'atto d'imperio di Enrico VIII, senza che in questo si dovesse per forza vedere un'opposizione politica alla monarchia. Naturalmente se il re l'avesse lasciato libero, egli si sarebbe ritirato a vita privata. Cosa che però non avvenne in quanto il re rifiutò di distinguere nel Moro l'uomo dal cittadino, Fu appunto Elisabetta I che assunse il titolo (tuttora esistente) di "supremo reggente". Con l'Atto di uniformità del 1559 venne affermata l'indipendenza dal papa romano, venne mantenuta la continuità con la chiesa antica attraverso l'adesione alle confessioni di fede e alle decisioni dei primi quattro concili ecumenici, vennero accettati i principi fondamentali della Riforma (specie gli articoli sulla giustificazione per fede, sulla chiesa, sulle opere buone della Confessione luterana di Augusta del 1530), venne solennemente dichiarata la Bibbia come suprema norma di fede, affermando che non si può pretendere da alcuno di accettare come articolo di fede quello che non può essere approvato con la Bibbia.