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L'obiettivo del discorso riferito da fra Leonardo pare rivolto a frenare un certo trionfalismo dell'Ordine di fronte ai molti successi. Nella redazione dei Fioretti l'obiettivo dell'intervento di Francesco è invece frate Leone, il quale di fronte al successo di Francesco si sentiva - preso da tristezza - un misero, un tapino, e pensava che se avesse avuto doni carismatici straordinari come Francesco sarebbe stato cercato dalla gente e sarebbe stato lieto; ma il discorso riguarda anche il pericolo di cercare di affermarsi come un culturalmente dotto, per una ricerca di prestigio umano.

La tradizione di fra Leonardo presenta un Francesco senza il dono delle guarigioni e dei miracoli, il che non è, e inoltre presenta un Francesco che calca la mano sulla sua situazione di infreddolito e di rifiutato dal suo Ordine; quella dei Fioretti invece presenta la cosa molto più sfumata, in sintonia con la virtù di Francesco.

Il discorso dei Fioretti è condotto sulla scorta di tre riferimenti biblici: il passo del prologo del Vangelo di Giovanni (1,11): “Venne tra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto”; il passo della lettera di Giacomo (1,2): “Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove,sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza. E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla”; il brano di san Paolo sulla carità (1Cor 13,1s): “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se io avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza...”