GESU

CARISMATICA

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    00 01/05/2011 17:34

                      MINISTERI DEFINITI ECCLESIASTICAMENTE.

    Nota:

    Oltre ai cinque ministeri fondamentali, assieme a questi emergono altri ministeri ugualmente carismatici, che sembrano sorgere o sembrano precisarsi con l’organizzazione della chiesa.

    Questi ministeri, che possono essere visti anche come posizioni intermedie o compendiative dei ministeri dei ministeri fondamentali, sembrano anche essere connessi con determinate condizioni, cioè col possesso da parte del ministro di particolari requisiti indispensabili all’espletamento di esso.

    Queste condizioni emergono chiaramente nell’illustrazione delle singole voci:

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    00 01/05/2011 17:34
    A. VESCOVO: (dal greco: episcopoi = sorvegliante). La letteratura neotestamentaria sembra alquanto imprecisa nel definire la responsabilità del vescovo, ma il significato letterale del suo nome e le testimonianze concordi di tutta la letteratura cristiana dei primi secoli ci autorizzano a concludere che il vescovo,nato come "sorvegliante", cioè pastore di una comunità importante, è divenuto in seguito il sorvegliante di un gruppo di comunità di cui una ecclesiasticamente importante e le altre di importanza minore o di natura missionaria.

    I requisiti biblici del Vescovo ci fanno comprendere che l suo ministerio é di natura pastorale e perciò egli espleta l’ufficio di sovrintendente per l’edificazione della propria giurisdizione e per la preservazione dell’integrità morale e dottrinale delle comunità affidate alle sue cure. (Tito 1:7,9,10; 1° Timoteo 3:2; Atti 20:17,28).

    Da questo punto di vista u sto ministerio esprime una "condizione", cioè quella costituita dalla capacità di presiedere sopra una giurisdizione o sopra un gruppo di comunità.

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    00 01/05/2011 17:34
    B. ANZIANO: (dal greco: presbiteri = anziano).

    Questo termine fu accettato dalla cristianità come retaggio della sinagoga, dove

    esprimeva chiaramente una condizione. Gli anziani di Israele erano quegli individui che giungevano alla canutezza con una riserva di saggezza, esperienza, rettitudine e che per questa ragione venivano riconosciuti idonei ad assumere in mezzo al popolo una posizione direttiva.

    E’ probabile che nel seno delle prime chiese cristiane prevalse il medesimo concetto e che quindi sopratutto dal seno degli anziani venivano eletti vescovi e pastori benché nella letteratura neotestamentaria i due termini sembrano confondersi. Questa confusione di nome può avvalorare anziché scartare l’ipotesi perché può far pensare che originariamente si pensasse ad una equiparazione tra gli "anziani" ed i "vescovi" fino al punto di vedere gli negli altri e viceversa. (1°Timoteo 5:17; Filippesi 1:1; Tito 1:5)



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    00 01/05/2011 17:35
    C. DIACONO: (alterazione di diaconi = servitore).

    Qualifica di idoneità assistenziale riconosciuta a coloro nel quali sono evidenti capacità illuminate e valorizzate dallo Spirito Santo. Essi attendevano soprattutto all’espletamento dei servizi delle distribuzioni, opere pietose, sussidi, ecc. (Romani 12:8; 1° Corinzi 12:22; Atti 6:3).

    Nota: Non concordiamo con la critica moderna che definisce il diaconato "ministerio minore", perché riteniamo che la grandezza di un ministerio sia determinata più dall’azione estrinseca che non dal suo contenuto intrinseco; preferiamo definirlo "ministerio che esprime una condizione" e quindi ministerio che, più dei ministeri fondamentali, può tenere in conto la personalità umana
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    00 01/05/2011 17:35
    LO SCOPO DEI MINISTERI

    Nota: I ministeri sono i doni di Cristo alla Chiesa; è ovvio, quindi, che sono stati dati alla chiesa e per la chiesa. La Chiesa è stata data al mondo (Matteo 5:14), ma i ministeri sono stati dati alla chiesa; perciò la Chiesa deve essere la salute del mondo, ma i miniseri devono essere la salute della Chiesa.

    a) Perfezionamento dei santi (versione Luzzi, Efesi 4:12);

    b) Per l’edificazione completa della Chiesa. (Idem);

    c) Sviluppo della conoscenza e della fede. (Efesi 4:13);

    d) Trasformazione gloriosa dei credenti (2°Corinzi 3:18);

    e) Per il raggiungimento della maturità cristiana. (Efesi 4:14).

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    00 01/05/2011 17:36

    I DONI FONDAMENTALI DELLA CHIESA.

    Nota

    : Si può dire per i doni quanto detto per i ministeri e cioè che essi sono molteplici, almeno oltre il numero comunemente definito, ma alcuni di essi possono essere dichiarati fondamentali. La critica corrente accetta a catalogo dei doni fondamentali dello Spirito quello di Paolo in 1°Corinzi 12, mentre la chiesa cattolica preferisce quello di Isaia 11 che elenca nel testo ebraico sei manifestazioni dello Spirito che diventano sette nella traduzione dei Settanta. Comunque è interessante notare che nell’uno e nell’altro caso i doni si dividono in tre diverse categorie, come vedremo in seguito, ma, noi, accettando un concetto carismatico più dinamico di quello della chiesa cattolica, dobbiamo preferire il catalogo Paolino dell’epistola ai Corinzi.

    a) Parola di sapienza.

    b) Parola di scienza

    c) Fede

    d) Doni di guarigione

    e) Potenti operazioni

    f) Profezia

    g) Discernimento

    h) Lingue

    i) Interpretazione delle lingue.

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    00 01/05/2011 17:36
    LA CLASSIFICAZIONE CARATTERISTICA DEI DONI FONDAMENTALI.

    a) Doni che conferiscono potenza per conoscere: Parola di sapienza, Parola di Scienza, Discernimento.

    b) Doni che conferiscono potenza per operare: Fede, Doni di guarigione, potenti operazioni.

    c) Doni che conferiscono potenza per parlare: Profezia, lingue, interpretazioni.

    Nota: E’ ovvio che tutte queste azioni si svolgono sopra un piano carismatico, cioè soprannaturale.

    E’ necessario anche notare che i primi due doni del primo gruppo sembrano essere doni per parlare, ma in realtà il dono viene manifestato attraverso la parola non carismatica, ma razionale, ma esso è costituito dalla "sapienza" e dalla "scienza" che rappresentano intrinsecamente il carisma.

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    00 01/05/2011 17:36
    1) DEFINIZIONE PARTICOLAREGGIATA DEI DONI: CONOSCENZA

    a) Parola di Sapienza: Conoscenza della sapienza divina, necessaria alla vita pratica del credente, e facoltà di dare quindi insegnamenti utili alla vita morale e spirituale della Chiesa. E’ chiamata anche "Parola spirituale" In contrapposto alla "Parola intellettuale» che è quella che segue e quindi può essere definita una facoltà pratica in contrapposto ad una "facoltà teorica". Si manifesta nell’esposizione delle verità divine, nell’amministrazione comunitaria, nel rapporti sociali nell’opera di edificazione cristiana, nell’intellIgenza delle Scritture. Atti 7:10; 6:3; Colossesi 4:5; Giacomo 3:13; Matteo 13:54.



    b) Parola di conoscenza e di scienza: Conoscenza delle verità essenzialmente teoretiche del piano spirituale, E’ chiamata, come già detto,anche "Parola intellettuale" cioè "facoltà propria dell’intelletto". Con questo dono il credente partecipa la sapienza di Dio.

    Quando il temine "conoscenza" si unisce nella Scrittura all’altro sapienza, il primo ha un significato passivo e il secondo attivo, indicando così chiaramente che la " parola di conoscenza" si riferisce più direttamente alla vita o intellettuale o della ragione. E’ ovvio che nella vita dello Spirito queste diverse sfere di vita si fondono si compenetrano e s’ integrano vicendevolmente. Si manifesta nella conoscenza teologica, cioè di Dio e delle cose relative a Dio, e nella conoscenza dommatica, cioè dei principi della dottrina cristiana. 2° Corinzi 2:14; 10:5; Romani 11:33; 15:14.

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    00 01/05/2011 17:36
    c) Discernimento degli spiriti: Per alcuni è soltanto la facoltà di leggere negli animi, ma è più logico pensare che è la capacità di penetrare nel mondo invisibile degli spiriti e non soltanto per individuare quelli che si manifestano attraverso la strumentalità umana, ma anche quelli che si muovono liberamente nell’aria. (Efesi 6:12). Con questo dono il credente partecipa l’onniveggenza di Dio. Si manifesta nel discernere i ministri e i ministeri, gli animi e i pensieri umani, gli spiriti e le loro influenze. Matteo 7:15; Giovanni 1:4 ; 2:25; Fatti 5:3; 16:16-18.

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    00 01/05/2011 17:37
    2) DEFINIZIONE PARTICOLAREGGIATA DEI DONI: AZIONE

    a) Fede. Il contesto dimostra chiaramente che,questa fede è distinta dalla omonima virtù teologale che è il temine di mediazione per raggiungere la salvezza. La fede è sempre adesione ad una verità enunciata o rivelata da Dio, non in forza della sua dimostrazione intrinseca, ma in forza di una fiducia in colui che l’ha enunciata. In questo caso quindi, trattandosi di quella fede comunemente definita "dei miracoli", si tratta della eccezionale adesione provocata dallo Spirito al verificarsi di circostanze soprannaturali volute da Dio. Benché il passo di Marco 11:22 sia discusso nella traduzione, sembra che nella versione Diodati ci dia una felice definizione di questa fede che è dello Spirito e quindi è propria di Dio il Quale "crede" (?) sempre che la cosa avviene. Possiamo vedere questo dono nei miracoli compiuti per la fede o nell’afferrare esaudimenti prodigiosi a mezzo della fede o nel comandare per la fede la natura stessa. (Giosuè 10:13; 2° Re 4:4; 1° Re 18:43,44.)

    b) Doni di guarigioni. E’ interessante notare che questo dono come quello che segue, è distinto dal precedente, come anche è interessante notare la sua forma plurale che potrebbe indicare:

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    00 01/05/2011 17:37
    1) Che il dono è rappresentato dalle guarigioni stesse e non dalle proprietà di conferire guarigione.

    2) Che il dono di conferire guarigione è multiplo e multiforme in relazione al fatto che in una stessa riunione, uno stesso taumaturgo possa esercitare a favore di ‘‘molti" e quindi di "molte" malattie il dono spirituale. Comunque poiché sembra che il potere taumaturgico rappresenti uno stato normale del credente (Marco 16:18) o almeno dei ministri (Giacomo 5:14, Fatti 8:6-7 e Fatti 28:2-10) si può dedurre che qui le guarigioni, sia che esse stesse rappresentino il risultato dell’esercizio del dono, sia che rappresentino il dono, sono presentate come una manifestazione spontanea e conseguenziale dell’attività cultuale carismatica che può essere compresa immaginando l’opposto di quanto esplicitamente descritto da Paolo in 1° Corinzi 11:30,31
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    00 01/05/2011 17:37
    c) Potenti operazioni. Il testo autorizza anche a tradurre "lavoro di potenza", "miracolo", "azione soprannaturale". Poiché viene presentato come un dono distinto dalla Fede, che è, come abbiamo visto, generatrice di miracoli, non pensiamo che la diversa definizione voglia semplicemente compiere una distinzione fra causa (fede) ed effetto (miracolo) ma pensiamo piuttosto che voglia riferirsi ad una entità spirituale di diversa fisionomia. Si può pensare legittimamente che questo dono sia costituito dall’autorità carismatica che permette di compiere un ‘‘lavoro di potenza" nel piano spirituale, come: avvilire gli spiriti, far piombare il giudizio divino, usare autorità spirituale. Fatti 19:12; 16:18; 13:11; 1° Timoteo 1:20; Fatti 5:9.

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    00 01/05/2011 17:37
    3) DEFINIZIONE PARTICOLAREGGIATA DEI DONI: PAROLA


    a) Profezia. Facoltà spirituale a carattere transitorio di parlare per il nome di Dio o in luogo di Dio (come può essere tradotto il vocabolo greco). Dono estemporaneo che esclude la preparazione razionale di colui che lo esercita. L’esercitare questo dono non fa del credente un profeta nel senso ministeriale, ma soltanto in senso cultuale e quindi soltanto nell’esercizio del culto. Lo studio etimologico del nome ci autorizza a concludere che il dono di profezia può essere espresso:

    1. Come voce del Signore.

    2. Come rapportando la voce del Signore.

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    00 01/05/2011 17:38
    Crediamo che questa differenza sia in rapporto alla misura della fede di colui che esercita il dono (Rom. 12:6), che può agire o come un "canale" o come un "messaggero". Nel primo caso il credente, raggiunto il piano spirituale che lo rende partecipe del dono, diviene uno strumento attivo ma inerte; nel secondo caso diviene uno strumento attivo dinamico. Malachia 2;2; Fatti 21:11.

    b) Lingue. Facoltà soprannaturale per esprimersi in una lingua non intelligibile a colui che parla. Più frequentemente questo dono si esprime in favelle arcane (1° Corinzi 14:2; 13:1) ma non è escluso che possa esprimersi in lingue conosciute a coloro che ascoltano. (1° Corinzi 13:1 e Fatti 2:11). Rappresenta sempre uno stato estatico nel quale il razionale è superato dal soprannaturale, sia che si consideri la glossolalia come un "segno" (Atti 2:4) e sia che si consideri come un "dono" (1° Corinzi 12.30). Frequentemente il movimento Pentecostale ha creato un equivoco biblico nel sottolineare la precisazione di cui sopra, che almeno nei termini, non risulta biblica. Si può chiarire che un "battesimo dello Spirito" che non può non essere accompagnato da manifestazioni spirituali ed è evidente che la Scrittura insiste in modo deciso nell’indicare le "lingue" come manifestazione conseguente al battesimo dello Spirito. (Fatti 2:4; 10:45-46; 19:6). Paolo ai Corinti parla della "lingue" come "segno", ma il soggetto si differenzia nettamente da quello del credo pentecostale.

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    00 01/05/2011 17:38
    L’apostolo cerca di spiegare che le lingue, per l’aspetto spettacolare della loro manifestazione rappresentano "un segno" della potenza divina agli inconvertiti, sempre che, naturalmente le lingue siano esercitate ordinatamente e con l’ausilio dell’interpretazione.

    Se "tutti" parlano lingue, anche questo segno si trasforma in una inutile Babele, mentre se "tutti" profetizzano, anche questo dono eminentemente comunitario si trasforma in mezzo missionario.

    Il dono o la manifestazione della lingua ha anche una sua ragione individuale e quindi può essere consolazione ed edificazione personale, edificazione della comunità e segno agli inconvertiti. (1° Corinzi 14:4,5,22).

    c) Interpretazioni; Facoltà soprannaturale che permette di interpretare (non di tradurre) il messaggio in lingue. Stato estatico che stabilisce un legame fra il glossolalo e colui che lo interpreta, e quindi stato estatico che rappresenta il raggiungimento della stessa sfera spirituale di colui e esercita il dono delle lingue, Non si può escludere che l’interpretazione possa essere data dal glossolalo stesso, come non si può assolutamente escludere che uno stesso interprete possa seguire diversi glossolali. (1° Corinzi14:5,27)



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    00 01/05/2011 17:38
    LO SCOPO DEI DONI

    Nota: Con i doni la Chiesa è stata fornita di ogni capacità carismatica necessaria alla propria vita organica su un piano soprannaturale, e quindi lo scopo dei doni appare evidente attraverso la considerazione che la chiesa è il "Corpo di Cristo".

    a) Per l’utilità comune. (1° Corinzi 12:7)

    b) Per il servizio comune. (Romani 12:5; 1° Corinzi 12:14.)

    c) Per l’edificazione, la consolazione e l’esortazione comune. (1°Corinzi 14:3-19).

    d) Per evangelizzare e convincere di peccato mediante la Potenza carismatica. (1°
    Corinzi 14:24,25).

    Nota: Quanto sopra ci dichiara quindi che lo scopo dei doni, come quello dei ministeri, è quello di rendere la chiesa conforme al piano divino. (Genesi 2:18,23; 2° Corinzi 11:2; Efesi 5:27).

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